Cura delle emorroidi: trattamenti chirurgici per le emorroidi

Trattamenti chirurgici per le emorroidi

Orientarsi tra i diversi metodo d’intervento per liberarsi dalle emorroidi

Soprattutto in caso di emorroidi di III e IV grado o in caso di emorroidi che si manifestano con attacchi acuti molto frequenti e che vanno a limitare la qualità della vita del paziente, il medico consiglia di risolvere il problema attraverso la chirurgia.

Esistono diversi trattamenti chirurgici per eliminare le emorroidi ed è bene conoscerli tutti, con le rispettive caratteristiche, in modo da poter effettuare una scelta consapevole – sempre in accordo con il proprio medico curante e con il chirurgo proctologo.

Emorroidectomia

La tecnica chirurgica tradizione per la rimozione delle emorroidi è l’emorroidectomia, conosciuta anche come metodo Milligan Morgan. Questa tecnica è molto invasiva e consiste nella rimozione vera e propria delle emorroidi, che sono una parte strutturale e funzionale del nostro organismo. Inoltre tra gli effetti indesiderati presenta un decorso post-operatorio lungo e doloroso, perché le ferite interne devono cicatrizzarsi da sole e causano quindi dolore durante l’evacuazione. Si tratta però di un intervento tendenzialmente definitivo e le recidive di emorroidi sono rare.

  • La emorroidectomia chiusa secondo Ferguson:
    si tratta della rimozione chirurgica dell’eccesso di tessuto che provoca il prolasso. In Italia è poco praticato, molto diffuso negli Stati Uniti d’America Nonostante le possibilità di recidive siano molto rare e dovute alla mancata asportazione dell’intero tessuto emorroidario, il dolore dopo l’intervento può essere molto intenso. Dopo la suturazione, la guarigione delle ferite deve avvenire in modo spontaneo e il passaggio delle feci su una parte così delicata può provocare un forte dolore.

Emorroidopessi con suturatrice meccanica o metodo Longo

Le innovazioni tecnologiche e l’evoluzione della medicina proctologica hanno portato all’utilizzo di nuovi metodi di rimozione delle emorroidi, che stanno avendo un’ottima diffusione in tutto il mondo e che si caratterizzano dall’essere mini-invasivi e dall’avere un decorso post-operatorio rapido e poco doloroso.
Uno di questi metodi è l’emorroidopessi con suturatrice meccanica o metodo Longo, particolarmente consigliata in caso di prolasso emorroidario. È un intervento che rimuove una parte del tessuto del canale rettale, risollevando i cuscinetti emorroidari e riportandoli nella loro posizione anatomica originaria. L’anestesia è generale o locale e si utilizza una suturatrice meccanica per asportare il tessuto e cucire la mucosa attraverso delle microclips al titanio che rimangono in modo permanente nel canale anale. Durante il post-operatorio si può riscontrare sanguinamento o prurito, ma già dopo pochi giorni si può tornare alle normali attività quotidiane. Le controindicazioni sono legate soprattutto all’alta possibilità di sanguinamento della tecnica e all’utilizzo di queste micrograffette metalliche che possono con il tempo dare dei problemi. Si tratta di una tecnica poco dolorosa e con tempi di ripresa rapidi. Uniche controindicazioni sono il fatto che le graffette di sutura restano nel canale rettale e che è sconsigliata in caso di rischio emorragia.

Dearterializzazione emorroidaria transanale o metodo THD

L’altro metodo mini-invasivo per la cura delle emorroidi è la dearterializzazione emorroidaria transanale o metodo THD, consigliata soprattutto in caso di emorroidi sanguinanti. Questo intervento è il meno incasivo dei tre, perché non asporta nessun tipo di tessuto ma si limita a suturare l’arteria che porta il sangue alle emorroidi.

Il metodo THD è particolarmente indicato nei casi di sanguinamento e/o prolasso, è mini invasivo in quanto non comporta l’asportazione di tessuto, ma prevede la chiusura dei vasi sanguigni che gonfiano le emorroidi che di conseguenza si riducono. Se si presenta il prolasso, la mucosa viene riposizionata nella sua sede naturale con una sorta di lifting. L’intervento risulta preciso in ogni suo passaggio, grazie a una sonda Doppler e a un anoscopio che permettono di individuare i rami terminali dell’arteria da suturare. Inoltre, non si verificano ferite e questo riduce notevolmente il dolore e i tempi di recupero post-operatori, con una rapida ripresa delle normali attività. L’efficacia di questo intervento è dimostrata ampiamente e deve il suo successo anche al fatto che è in grado di conservare i cuscinetti emorroidali e la loro fonzionalità, fondamentali per la continenza anale. In soli 3-4 giorni potrete riprendere a lavorare, a dedicarvi alle vostre attività. I casi di recidive sono rari.